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Del Cemento Portland e delle Calci Idrauliche Artificiali

Era inevitabile che nel '700, in un'era di massima curiosità, chimici, Ingegneri, Artigiani e Professori d'Università volgessero il loro interesse verso il mistero delle malte romane. Molti di questi volevano scoprire la ragione per cui alcune malte hanno proprietà idrauliche e altre no.

Il primo a scoprirlo e annunciarlo fu l'Inglese J. Smeaton nel 1756, e da quel giorno, ciò che per tutti sembrava un mistero, non fu più un segreto per nessuno. L'Ingegnere J.Smeaton asserì che le mescolanze fra calcari da Calcina e argilla, calcinate che sian assieme, danno un legante dalle virtù idrauliche, e le malte con questo preparate, ben si prestano per le costruzioni acquatiche. Poiché a quei tempi non v'era possibilità di comunicare fra quelli che sperimentavano in Londra e quelli che erano in Olanda o in Francia, questo principio dell'idraulicità delle calcine fu scoperto almeno altre sei volte prima del 1830.

Fu proprio lo Smeaton ad asserire per primo che con tali cementi si possono creare manufatti duri al pari della pietra di Portland, e che di questa ne ha anche il colore.

Dopo le esperienze dell'Higgins e del Bergmann, fu Joseph Parker, nel 1796, a produrre uno dei primi apprezzabili cementi idraulici. Egli chiamò la sua mistura Cemento Romano poiché tale sua materia ricordava, per il colore brunastro, gli antichi cementi fatti di calce e pozzolana. Molti a quel tempo tentarono di imitare il lavoro del Parker, aggiungendo alla sua già conosciuta mistura, della polvere di mattone e gesso; e i risultati, oltre ad avere il colore dei popolari cementi romani, eran talvolta altrettanto soddisfacenti. Dagli studi del Parker scaturì questo fondamentale principio: Appare molto probabile che la condizione essenziale perché un calcare debba fornire una buona calce magra idraulica, è il cospicuo contenuto di materiale siliceo disseminato in esso in finissime parti; poiché sembra poco probabile che le sparute parti di Allumina, Magnesia e Ossido di Ferro, che sono presenti, possano aver una benché apprezzabile influenza su questa proprietà.

Nel 1818, il già citato Francese L. J. Vicat, il quale dopo aver molto sperimentato su quanto detto dallo Smeaton, fece una singolare affermazione. Egli assicurò che non v'era assoluta necessità di cuocere quei calcari argillosi che si trovano in Natura per cavarne un cemento idraulico. Le malte romane, la negra del Palladio, la moretta dello Juvarra e qual altra Albazzana o Piacentina si voglia, a detta del Vicat, si potevano riprodurre artificialmente. In assenza di dette rocce argillose, dalle quali si ottiene il cemento idraulico naturale, si può, egli dice, raggiungere lo stesso risultato unendo in cottura dei calcari puri e una qualsivoglia porzione d'argilla; è tanto più importante sarà tale porzione d'argilla, tanto più notevole la proprietà idraulica del legante ottenuto.

Il geniale Vicat conclude affermando: Di una cosa son certo, e ciò è di massima importanza ricordare, che non esiste perfetta malta idraulica se nella mistura non v'entra primieramente la silice. Egli continuerà però i suoi studi e sperimentazioni proponendo ancor l'argilla, quale materia contenente la silice, per la produzione dei cementi idraulici artificiali: e i risultati ottenuti lo indussero a esprimersi in seguito, nei suoi scritti, con sorprendente modernità: Noi vediamo che, avendo agio di regolare le porzioni d'argilla, possiamo dare ai Cementi il grado di energia che ci aggrada, modificandolo a piacimento sino a eguagliare o sorpassare quelli naturali.

Solo un anno dopo, nel 1819, 63 anni dopo lo Smeaton, l'Olandese J. F. John, indipendentemente da quanto detto dal Francese Vicat, scopre che le calcine sino a quel tempo ottenute dalla cottura delle conchiglie di Ostriche, Càrdio e gusci di Pagùri, miglioravano le loro caratteristiche se unite in calcinazione con materiali argillosi o silicei. Per questa sua scoperta, a J.F. John fu conferito un premio datogli dalla Società Olandese delle Scienze. Sin dal 1811, tale James Frost proponeva un cemento composto di due parti in peso di gesso e una parte d'argilla; e siffatto prodotto venne per lungo tempo chiamato Cemento di Frost.

Fu proprio lo stesso Frost che nel 1822 fece, a mio modo di vedere, la più mirabile delle scoperte. Egli trovò che in Natura vi sono calcari che non hanno che irrisorie parti di Allumina e Ossido di Ferro, e per contro contengono dalle 9 alle 40 parti su cento, di finissima Silice. Calcinati che fossero, a bassa temperatura, questi calcari silicei naturali, se ne otteneva una calce bianca, idraulica, dalle incredibili virtù; e semmai vi fu qualcuno, seppur incoscientemente, che con le proprie osservazioni e sperimentazioni potè mai, per avventura, dar intelligenza agli insegnamenti del Vitruvio, questi fu proprio il Frost.

Nel 1824, il giorno 18 dicembre, tale Joseph Aspdin, 68 anni dopo le sperimentazioni e le affermazioni dello Smeaton, tra lo sbigottimento d'alcuni e l'incredulità d'altri, brevettò a Leeds, col numero 5022, il così detto Cemento Portland. Ciononostante, agli inizi del nostro secolo, il cemento era ancora materia di studi e perfezionamenti da parte di I. C. Johnson, il quale, alla veneranda età di 101 anni, continuava a speculare su alcuni principi sconosciuti allo stesso Aspdin, palesando risultati tali che, come a lui piaceva dire, il cemento di Aspdin, a confronto del suo, sembrava tenero formaggio.



Tratto dal manuale:
“A Regola d'Arte”
Sulle calci, gli intonaci e i tinteggi.
di Gilberto Quarneti
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